L’esercito tedesco in quel periodo stava indietreggiando verso la linea Gotica e in Padule era stimata, da parte nazista, sia una presenza partigiana nell’ordine delle due-trecento unità sia la presenza di fuggitivi di ogni tipo compresi disertori germanici , tant’è vero che, due giorni dopo l’eccidio, valutavano ancora in duecento uomini la truppa partigiana, con molti russi e traditori tedeschi presenti.
In realtà l’unica formazione che operava nelle zone limitrofe era la Silvano Fedi di Ponte Buggianese, comandata da Aristide Benedetti, che poteva contare su circa trenta-quaranta elementi effettivi fra partigiani e patrioti. La relazione sull’attività della squadra affermava che quel giorno una “compagnia tedesca fortemente armata” circondò il Padule, avviò un “nutrito fuoco di mortai” contro di loro, rifugiati nel centro di esso, e fece strage nella zona intorno senza risparmiare nessuno. Tuttavia è necessario comprendere fino in fondo, per la profonda complessità, i vari e possibili motivi che spinsero alla carneficina, al di là di una limitata presenza partigiana nella sola zona del Ponte Buggianese. Quel giorno conoscevano la probabile dislocazione della squadra, ma evitarono di entrare in contatto con essa e assassinarono civili inermi, fra cui donne, anziani e bambini. Altre squadre combattenti di una certa consistenza, più che a ridosso del Padule, erano situate sul Montalbano e nelle zone pedemontane più a nord, intorno a Pistoia, per cui la loro presenza avrebbe potuto rappresentare un serio pericolo per l’esercito in ritirata.
La prevenzione contro la lotta antinazifascista era affidata a squadre investigative delle Waffen SS e della Wehrmacht, e la strage era stata pianificata con la collaborazione della guardia repubblichina; furono reparti dell’esercito nazista a eseguirla utilizzando metodi di guerra e artiglieria pesante.
I tedeschi volevano proteggere le vie di fuga, sopravvalutarono la presenza partigiana ed emanarono un comando preciso di far terra bruciata di tutta la zona , massacrando ogni figura umana compresi i civili, accusati di aiutare i partigiani: qualunque presenza doveva essere cancellata dal Padule affinché non costituisse un pericolo per la ritirata.
L’azione finì senza che i tedeschi avessero ottenuto il proprio obiettivo, solamente tre partigiani vennero assassinati: Enrico Magnani (partigiano, XI zona “Pippo” Lucca), Enrico Bianchini (partigiano, formazione “Silvano Fedi” di Ponte Buggianese, nato a Castel d’Azzano [Vr]), Giuseppe Incerpi (partigiano, formazione “Biagini Gino” di Pistoia)*.
* Giuseppe Incerpi è citato solo negli elenchi di Risaliti e nella relazione sull’attività partigiana redatta dalla formazione “Silvano Fedi” di Ponte Buggianese (Renato Risaliti, Antifascismo e Resistenza nel Pistoiese, Tellini, Pistoia, 1976, pp. 199-204 e p. 232).
Enrico Bianchini ed Enrico Magnani sono stati riconosciuti come partigiani, come risulta dagli elenchi dei partigiani di Risaliti e dagli elenchi redatti dall’Istituto Storico della Resistenza di Toscana (http://www.istoresistenzatoscana.it/partigiani e Renato Risaliti, Antifascismo e Resistenza nel Pistoiese, Tellini, Pistoia, 1976, pp. 230-231; per quanto riguarda Bianchini è presente un fascicolo (segnalato da Giulia Simone) in Archivio generale dell’Ateneo di Padova, Archivio del Novecento, «Lauree ad honorem. Studenti caduti nella prima e seconda guerra mondiale», «Laureati ad honorem. Studenti caduti per la Liberazione 1943-1945», b. 19 fasc. 311 ENRICO BIANCHINI).
Oltre questi, occorre ricordare anche Nello Pierattini, citato come patriota solo da Paoletti Paolo, La strage del 23 agosto 1944. Un’analisi comparata delle fonti angloamericane e tedesche sull’eccidio del Padule di Fucecchio, FM edizioni, Firenze, 1994, p. 124.